GIANNI DE TORA

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1999 Casina Pompeiana, Napoli 21 Luglio-1 Settembre

'' GENER-AZIONI''
 
ARTICOLO DI GIORGIO AGNISOLA SUL QUOTIDIANO ''AVVENIRE'' DEL 18 AGOSTO 1999

Arte concreta e/o surreale in mostra le '' Generazioni''

Un doppio interesse sembra derivare dalla mostra ''Gener-azioni'', aperta a Napoli presso la Casina Pompeiana della Villa Comunale, con il patrocinio dell'Assessorato alla cultura del Comune (fino al primo settembre). Il primo d'ordine generazionale, potrebbe dirsi, essendo i sei artisti espositori (Renato Barisani; Gianni De Tora; Carmine Di Ruggiero; Mario Lanzione; Antonio Manfredi; Domenico Spinosa ) testimoni dell'arte italiana e partenopea lungo l'arco del suo sviluppo daldopoguerra ad oggi, nel segno di una comune (e al tempo stesso differenziata) ricerca astratta. Il secondo intrinseco alla fisionomia del gruppo e ravvisabile nella stessa scelta degli artisti di esporre insieme, nonostante le differenze di età e diciamo pure di prestigio, e nell'unanime intento di riaffermare in senso etico l'esperienza dell'artista, il suo lavoro, la sua presenza culturale nel contesto meridionale, il suo ruolo sociale; al di là degli stili personali e delle scelte correnti del mercato. Diversi sono d'altra parte i registri espressivi dei sei artisti. Barisani, uno dei fondatori della frangia meridionale del Movimento Arte Concreta, propone alcuni conosciuti esemplari del suo stile, insieme geometrico e simbolico, in cui si coniugano, con un raffinato equilibrio visivo, sintesi astratta della forma e rilievo emotivo del segno. Di Ruggiero campisce entro regioni delimitate, in prevalenza quadri e cornici, forme cromatiche pastose ed informi (una vaga allusione alla materia baconiana), vagamente antropomorfe o per converso, segni leggeri ed incisi come moderni graffiti su di una superficie bianca e calcinata. Più razianale e geometrica è la cifra di De Tora, che struttura lo spazio visivo in senso architetturale e scenico, utilizzando cromatismi uniformi e profondi entro cui libera con un gusto lirico e altresì attento ai valori compositivi dell'opera, segni di colore caldi, lievi, luminosi. L'arte di Spinosa appare subito densa di umori cromatici, di segni che si avvolgono e si intricano, che si gonfiano e si dilatano in superficie e in profondità con soffici rilievi e variegate trasparenze. Le geometrie spaziali di Manfredi sono caratterizzate da interni e rigorosi equilibri formali. Sono costruzioni visive e strutture segnate da una fine tensione concettuale. Infine le immagini di Lanzione, il più giovane del gruppo, sono paesaggi astratti e surreali generati da geometrie di piani prospettici, delimitati da fasci di luce viva e trasparente da cui derivano suggestivi effetti di ambiguità esterno- interno, in cui sembra riflettersi una metafora psicologica dell'uomo e della vita.

 
ARTICOLO DI SABINO MANGANELLI SULLA RIVISTA ''ECO D'ARTE MODERNA'' N. 123 DEL LUG/AGO/SETT 1999

Ercolano e Napoli- ''Gener-azioni'': geometria e ricerca nelle opere di sei artisti campani

"Gener-azioni", l'eccezionale e felice connubio di ricerca pittorica fra componenti astratte, geometriche ed informali, instauratosi sin dal 1996 fra gli artisti campani Domenico Spinosa, Renato Barisani, Carmine Di Ruggiero, Gianni De Tora, Mario Lanzione e Antonio Manfredi, fra decani dell'arte e mature e giovani presenze, ha continuato a proporsi con altre due importanti presenze: alla fine di maggio nei sontuosi spazi della bellissima Villa Campolieto di Ercolano e a fine luglio alla Casina Pompeiana della Villa Comunale di Napoli. Si ricordano le loro precedenti presenze nel 1997 a Nocera Inferiore, a Casoria e all'"'Arte Fiera" di Bologna; nel 1998 all"'Expo Arte" di Bari; nel 1999 a Cardito. Nelle opere dei sei artisti, abbinate diversamente in mostra, si evince una lineare ed osmotica continuità di costante ricerca le cui singole espressioni pittoriche, nell'essenzialità dei segni e delle forme, trasmettono e rimandano reciprocamente segnali, incidenze di percorso e poetiche suscitazioni con interventi, riflessioni ed estrinsecazioni di natura semantica e semiotica sulla diversa espressione e rappresentazione della sintassi idiomatica particolarmente del segno, e della forma e del colore, corroborata da calibrati, euritmici equilibri e scansioni e tangenze di piani e di stesure. Nella loro costante e partecipativa ricerca geometrica astratto-concreta rilevia- mo la rigorosa essenzialità strutturale, spaziale e pigmentale di Barisani; le vivide compenetrazioni di luce-colore-forma di Lanzione; le essenzialità strutturali e pigmentali cromatico-formali di Manfredi; la poetica pastosità formale e cromatica di Spinosa; l'essenzialità del rapporto segno-materia-forma di Di Ruggiero; e le cupe e razionali elementarità segniche e cromatiche di De Tora. La mostra di Ercolano è stata promossa ed organizzata dal Centro Studi "La Fayette" di S. Giorgio a Cremano, patrocinata dall'Ente Ville Vesuviane con il concorso degli Assessorati della Regione Campania e dei Comuni di Ercolano e Napoli. Quella di Napoli dall'Assessorato alla Cultura del Comune. Entrambe le mostre, che hanno presentato nuove e diverse opere degli artisti, sono documentate da due differenti cataloghi editi dall'Istituto Grafico Editoriale Italiano di Napoli; con testi, nel primo di Ercolano, di Giorgio Segato e Riccardo Notte e nel secondo, a Napoli, di Segato, Marco Meneguzzo, Ela Caroli e dall'Assessore alla Cultura D'Agostino. Sono ricchi anche di testimonianze degli stessi artisti e di Vitaliano Corbi, Nicola Scontrino e Manuela Crescentini. Questo interessante gruppo artistico, l'unico in Campania, ad oggi, ad operare con coerenza e ri- spetto delle buone regole del fare arte e del saperla gestire e proporla, si presenterà in seguito, probabilmente, anche a Milano .

 
ARTICOLO DI ROSARIO PINTO SUL QUOTIDIANO ''LO SPETTRO'' SEZ CULTURE DEL 25 LUGLIO 1999

Esposte alla Casina pompeiana, le opere di sei artisti partenopei - Generazioni dell'arte

La rassegna d'arte inaugurata alla Casina pompeiana il 20 luglio, prosegue alla villa comunale di Napoli fino ai primi di settembre. Generazioni della pittura campana a confronto. Barisani, De Tora, Spinosa, Di Ruggiero, Lanzione e Manfredi


Inaugurata da un intervento di Guido D'Agostino, assessore alla cultura del Comune di Napoli, s'è aperta la mostra "Gener-azioni" negli ambienti della Casina Pompeiana all'interno della Villa Comunale di Napoli. All'indirizzo di saluto di D'Agostino, che ha assicurato una più aperta attenzione da parte dell' Amministrazione verso i problemi e le esigenze dell'arte contemporanea, promettendo che lo stesso ruolo della Casina Pompeiana sarà potenziato nel prossimo futuro, hanno fatto seguito gli interventi dei critici Ela Caroli, Marco Meneguzzo e Giorgio Segato, che hanno presentato la rassegna e che hanno curato il bel catalogo edito dall'Istituto Grafico Editoriale di Napoli. La Caroli ha messo a fuoco il senso d'una rassegna d'artisti tutta napoletana che premia il rilievo che la cultura artistica partenopea ha saputo conquistarsi, Meneguzzo ha cercato di definire le ragioni dello stare insieme di questi artisti che non hanno in comune un 'manifesto', Segato, infine, ha riepilogato le ragioni d'una persistenza d'una formula, quella appunto di "Gener-azioni", di cui la mostra di Napoli costituisce, in pratica la quinta edizione. Questa edizione partenopea segue, infatti, la prima che si tenne a Casoria e poi le altre a Nocera, a Bari, ad Ercolano. Al di là di alcuni inevitabili aggiustamenti, questa edizione si presenta sostanzialmente immutata nella formula come nel messaggio che continua a proporre, il titolo stesso indica subito i contenuti della mostra: presentare una sorta di campionatura, cioè, dell'arte napoletana attraverso tre generazioni d'artisti. L'obiettivo è senz'altro ambizioso, aprendo al-l'aspettativa di un quadro di restituzione storica, più articolato e complesso, più ricco di componenti e di personalità. Certamente, nella rassegna presentata emergono la straordinaria bellezza e la pre- gnanza delle opere di due dei grandi 'padri' dell'arte napoletana contemporanea, Barisani e Spinosa, figure di riconosciuto spessore, personalità grandeggianti e consegnate già alla storia con tutto il carico del proprio protagonismo. Nè mancano d'interesse sia la presenza preziosa dell'intervento di Carmine Di Ruggiero, artista raffinato e poliedrico, ricercatore silenzioso e discreto nella sua ricerca di alta caratura formale e di profondo èmpito contenutistico, sia quella di Giovanni De Tora attento analista della forma, pazientemente volto ad una distillazione alchemica del segno che va facendosi, col tempo, progressivamente etereo ed essenziale, pur senza perdere, tuttavia, la carica semantica che di proprio gli appartiene. A queste figure si connettono le altre, più giovani (ma sono comunque quarantenni anch'essi!) di Manfredi e Lanzione, che dovrebbero apparire nel contesto d'un'articolazione generazionale così pronunciata quasi come dei 'ragazzi di bottega', e che pre- sentano motivi di interesse per le proprie ricerche che, pur legate ineludibilrnente all'opera dei 'padri', dai quali prendono le mosse, non rinunciano tuttavia a ritagliare spazi personali di intervento. Un percorso "generazionale" della creatività artistica napoletana contemporanea avrebbe dovuto, forse, tener conto anche d'altri problemi che la scena artistica partenopea pone: il rapporto con la tradizione, ad esempio, il senso storico e l'incidenza d'una linea figurativa non confinabile troppo semplicisticamente nei cascami d'un passatismo senza ragioni, ma anche le aperture verso motivi di ricerca di grande spessore civile (pensiamo, ad esempio, alla stagione negli anni '70 del movimento dell' "Arte nel Sociale''). Anche a non tener conto di ciò, comunque, una articolazione diacronica, capace di farsi rivelativa del divenire soprattutto dell'opera dei maestri più anziani, avrebbe fornito non solo motivazioni maggiormente convincenti del titolo di "Gener-azioni", ma anche una ragionevole giustificazione della ripetizione della rassegna per tre anni in cinque edizioni.

 
foto di repertorio
 
 
 
TESTO DI ELA CAROLI SUL CATALOGO DELLA MOSTRA

SEI RAGIONI PER RITROVARSI

Eravamo quattro amici al bar ... Come la nota canzone di Gino Paoli, autore raffinato eppure semplice di motivi che hanno davvero accompagnato nella vita un paio di generazioni di italiani, ci sono momenti in cui si affaccia alla coscienza individuale l'esigenza di "mettersi assieme". Nel caso del musicista-poeta che come pochi altri racconta il suo vissuto, il bisogno del confronto tra persone che hanno un comune sentire si alterna al bisogno d'isolamento, necessario per creare.
Non sembri irriverente l'accostamento tra arte e canzoni: spesso queste sono piccoli miracoli, parentesi artistiche nel diluvio di banalità che viaggia su note. E piccoli distillati di sapienza: il grande Truffaut le considerava indispensabili alla conoscenza del mondo. Dal tavolino del caffè, dal quale si guarda passare il mondo, e dove si discute, si legge ad alta voce, si scrivono progetti e proclami, al chiuso dello studio, dove ci si può figurare "il cielo in una stanza" e con la chitarra, o col pennello, si opera di getto, presi dal sacro furore, salvo poi lavorare di riflessione e di meditazione. Due diversi orizzonti si aprono alla mente, nel momento dell'estroversione e in quello dell'introspezione: l'ampio formularsi delle storie e delle vicende della vita, che si dispiega con il contatto col mondo, e il solitario svilupparsi dell'immaginario, attraverso percorsi simbolici. Un gruppo di artisti - sei, stavolta - da sempre abituato al lavoro individuale, nel chiuso dell'atelier, decide ad un certo punto di intrecciare relazioni interpersonali al di là della semplice amicizia: forse per l'esigenza, divenuta sempre più urgente, di uno scambio vero, proficuo, che tenda al confronto e all'arricchimento interiore. Ma non solo: distinguendosi per età ed esperienze diverse le singole personalità entrano in gioco, rivelando la disponibilità a raffrontarsi, a specchiarsi nell'universo altrui, mettendo in discussione ogni scelta propria, nel superare la barriera inconscia del già detto, del già fatto, del prestabilito, elemento tipico delle carriere "consolidate" ed affermate. Se l'arte, in fondo, con i suoi molteplici linguaggi, non perde di vista il suo primario compito di comunicare, è questo già un successo: in moltissimi casi ormai, nell'ambito di certe pseudoavanguardie, l'arte ripiega su se stessa, perde forza nella rarefazione estrema dei messaggi, nei sottoderivati dell'arte concettuale (che avulsa dal suo contesto storico risulta essere ormai sterile) perde passione nell'uso spesso sconsiderato del medium più freddo e ipertecnologico che si possa avere a disposizione, cioè il video, che tuttavia quando è ben usato è strumento affascinante. Dunque comunicare messaggi forti, con qualsiasi mezzo che possa avere valore simbolico, dalle tecniche tradizionali a quelle più nuove, ma comunicare, è questo l'imperativo categorico. E se si può fare assieme, unificando le proprie energie, tanto meglio. I nomi dei componenti del gruppo di artisti che non a caso si chiama "Generazioni" sono, in ordine di anzianità, Domenico Spinosa (Napoli 1916) Renato Barisani (Napoli 1918) Carmine Di Ruggiero (Napoli 1934) Gianni De Tora (Caserta1941) Mario Lanzione (S. Egidio-Salerno, 1951) Antonio Manfredi (Casoria 1961). Di due di essi, si può dire che hanno attraversato l'intero Novecento: e all'affacciarsi del terzo millennio i maestri in questione, Spinosa e Barisani, riconosciuti protagonisti dell'arte contemporanea a Napoli dal dopoguerra ad oggi, non esitano a dar vita e anima, con gli altri, a quell"'ensemble" armonico come una piccola orchestra di musica, in cui ognuno degli elementi ha un suo preciso ruolo e una specifica funzione, per rispettare l'equilibrio degli accordi. L'informale impetuoso, quasi gestuale di Spinosa si serve di vortici di colore, di atmosfere vibranti, di gioiosa sensualità e di contemplazione della natura, per arrivare a comporre il suo linguaggio in cui strane forme di fiori, di libellule, di piante, di rocce, di fiotti di luce costruiscono un coerente universo di stampo espressionista, in cui concorrono suggestioni di Turner, di Kokoschka, di Hartung, ma incentrato su un naturalismo cosmico; la sperimentazione dei primi periodi dell'attività dell'artista ha però via via ceduto il posto ad un'attenzione anche alle tematiche inizialmente più remote dalla sua sensibilità, ad esempio i soggetti sacri. Mai rinunciando però al continuo "viaggio" nella percezione, con le antenne sensibilissime. Il "progetto" di Barisani è invece quello di accedere alle strutture segrete delle forme e dei linguaggi con un rigore geometrico, con un'armonia nascosta dietro le formulazioni mentali, in una necessità di praticare di pari passo pittura, scultura ed altre tecniche, sperimentando itinerari nuovi, plastici e costruttivi anche quando sono bidimensionali. Una logica interiore guida il pennello dell'artista, che lavora sull'equilibrio di spazi simmetrici, apparentemente contraddetti dalla messa in atto di infinite possibilità combinatorie e costruttive. L'astrazione a cui la sua operazione si apparenta non è inconciliabile con la realtà fisica a cui Barisani si riferisce, nella calma olimpica delle sue pur vibranti composizioni. In Carmine Di Ruggiero si coglie un ritmo incessante, quello che ha sempre riversato nelle sue composizioni, prima di una limpida geometria: ora, il passaggio da una struttura codificata ridotta all'essenzialità, coi suoi rigidi meccanismi interiori, ad una più aperta e materica raffigurazione di moti cromatici, denota un senso di maggiore libertà. Ma non solo: c'è anche maggior fiducia nell'operatività dell'uomo moderno, discendente diretto di quell"'homo taber", la cui creatività, come dice lo stesso artista, è alla base e alle fondamenta della trasformazione della persona umana sognata dagli illuministi e progettata dalla ricerca scientifica. Per Di Ruggiero scienza ed arte sono perfettamente compatibili, anzi complementari: la prima tende alla trasformazione, l'altra per l'invenzione di un mondo nuovo. Gianni De Tora affonda le sue radici artistiche in un incontaminato terreno di razionalità lucida e controllata. I suoi mondi astratti, rigorosamente geometrici hanno subìto nelle ultime fasi del suo operare una sorta di destrutturazione, frutto di una pacata rimeditazione, che pur conservando la compostezza espressiva accosta senza problemi segni elementari e reperti visivi complessi. Sono il prodotto di esplorazioni mentali, si potrebbe dire concettuali, che irrompono nella staticità dell'immagine per terremotarla, scuoterla dalle viscere. De Tora negli anni ha accostato al colore la materia; ferro, legno, acciaio, cera, hanno contribuito ad aprire l'orizzonte ordinato e bidimensionale del quadro, che ne veniva trasformato e movimentato. Mario Lanzione adopera l'informale come continuo gioco di costruzione e di superamento del limite, come avvicendarsi di spazi aperti e di campiture chiuse, compatte. In alcune tele la leggerezza suggerita dall'uso di carte veline rende la composizione aerea e palpitante, in altre la decisa evidenza del colore, gli squarci luministici danno l'impressione di una marcata volontà dell'azione pittorica. In tutto prevale sempre una grande misura, un equilibrio che a volte è persino palpabile, dando il senso di una compiutezza che annulla l'angoscia possibile del vuoto. Ad Antonio Manfredi non manca certo la stessa misura, mentre modula su una gamma di infinite possibilità le sue forme, le sue icone che sembrano il risultato di una serie di dinamiche che si incrociano in campi di forze. Dipinti e installazioni sembrano a volte disegnare mondi lontanissimi, persi nel cosmo, e senza tempo, cristallizzati in una ricerca di perfezione assoluta. L'energia sottesa a queste operazioni è vibrante ma controllata e abilmente frenata. Colori, ferro, marmo, plexiglas e laminato plastico rispettano quest'esigenza compositiva che resta nel campo dell'astrazione pura: lo spazio, come lo stesso artista dichiara, è il tramite magico tra l'osservatore e l'oggetto, lo spazio come primario concentratore di energia, come estensione fisica dell'opera. E nel disegnare, ancor più che occupare lo spazio, l'opera supera se stessa, si fa "messa in scena" del mondo.

 
TESTO DI GIORGIO SEGATO SUL CATALOGO DELLA MOSTRA

GENER-AZIONI 5

Questo nuovo episodio della mostra itinerante Gener-azioni consente - dopo gli incontri significativi a Casoria, a Nocera Inferiore, a Bari e a Villa Campolieto di Ercolano - di approfondire ulteriormente l'indagine intorno ai sei artisti che si sono resi disponibili a un confronto di poetica, di tecnica, e anche 'generazionale', nel senso più ampio del termine che travalica i limiti temporali della rigida collocazione di ciascuno, per indicare un modo, più aperto e più ricco di implicazioni e di referenze, di essere partecipi di una sorta di alleanza - o colleganza - tra operatori nati in epoche diverse, con ragioni estetiche anche molto distanti e comportamenti espressivi e di ricerca che certamente non postulano la confluenza in un gruppo di lavoro o anche solo di orientamento poetico, né tanto meno di dichiarazione programmatica, ma che ha comunque un senso di testimonianza. Gener-azioni va vista, infatti, semplicemente come una significativa occasione di incontro tra sei artisti che intendono esporre insieme per dichiarare esplicitamente le differenze generazionali, i propri tributi al tempo e alle esperienze del tempo e nel tempo, i riferimenti storici e poetici, i legami, i dissidi, gli innamoramenti, le adesioni intime, le profonde certezze e le ugualmente profonde inquietudini e insoddisfazioni in rapporto alle dinamiche artistiche di quasi tre quarti di questo secolo alleandosi tra loro per spontanea simpatia e come autori che congiuntamen- te intendono sottolineare e ribadire la dignità professionale dell'artista, e riguadagnare lo spazio che i nuovi media di elaborazione d'immagine, di comunicazione, di diffusione e manipolazione gli hanno sottratto o sensibilmente ridotto: non semplicemente uno spazio 'poetico', di contemplazione appartata e in certo modo laterale, 'artigianale' e individuale, ma di rinnovata capacità immaginante, prefigurante, con una progettualità e una tensione generative, attivate come alternative all'omologazione, al frettoloso e superficiale scorrimento e consumo dell'immagine, all'impoverimento dei giacimenti mnestici, allo smarrimento dei sedimenti tanto del rammentare (riportare ai livelli di elaborazione logica della mente, come in Renato Barisani, Gianni De Tora, Antonio Manfredi) quanto del ricordare (ricondurre ai livelli emozionali del cuore, del sentimento, come in Domenico Spinosa, Carmine Di Ruggiero, Mario Lanzione). Questa restituzione di rilievo al fare dell'artista, alla sua capacità di generare spazi, forme e idee si chiarisce meglio anche la direzione - il senso come significato e come progetto - in cui interviene questa mostra, ed è, sostanzialmente, quello del ricupero, riaccensione e rivitalizzazione della memoria; non soltanto di quella dell'autore, ma anche quella del riguardante, in un colloquio che attraversa materie, colori, forme, gesti liberatori e compositivi, differenti approcci che sollecitano il fare pittura e il guardare, la prensilità visiva, ai limiti della tensione sensoriale, innescando processi di raffinamento estetico, di partecipazione intellettiva e di acquisizione 'in progress', in virtù di un acuito sguardo introspettivo e di una capacità di prospezione poetica sapientemente retrovisiva che al tempo stesso scandaglia in profondità (a livelli psichici) ma anche in espansione costruttiva, rivolta al futuro, con un'emozione di attesa che rinnova gli spazi delle dinamiche progettuali e creative. Memoria e nostalgia di futuro sono i due vettori caratterizzanti questa mostra che torna a dichiarare la pittura luogo di 'rigenerazione', di riattraversamento temporale, culturale, sensitivo, concettuale di una realtà che tende a sfuggirci, a slittare tutta nel virtuale, in un campo di fluidità magmatica che di- venta sempre più esterna/estranea ai sensi, ai terminali nervosi, impoverendo sempre più i depositi conoscitivi, i movimenti, i desideri, gli slanci liberi e creativi della psiche, le invenzioni dell'anima e dellogos. Ciascuno dei sei - ed è questo un altro dei segreti importanti del successo della manifestazione - arricchisce l'evento espositivo occupandosi di aspetti diversi della memoria (collettiva, individuale, genetica, esistenziale, lontana e recente) con mezzi, tecniche, sensibilità differenti, ora rapportandosi all'energia vitale, al colore come emozione e risonanza, alla suggestione naturalistica condotta a poema atmosferico entro cui lasciarsi catturare, assorbire riscoprendo alle fonti l'energia vitale (Domenico Spinosa), ora sollecitando la percezione di particolari evidenziati del reale ad aprire spazi di risonanza, intervalli dilatati, modulazioni visive che sensibilizzano, attivano e incentivano possibilità di continuazione operativa ed inventiva (Renato Barisani). E Carmine Di Ruggiero scava nella materia dei sedimenti mnestici la luce del ricordo, memoria di cose e di momenti di emozione, le tracce preziose dei giacimenti intimi, il fil rouge di una conoscenza rifatta personale, fermentante sotto gli indugi, le abitudini, le compressioni temporali ed esistenziali. Gianni De Tora, invece, eccita movimenti di indagine segreta verso gli accumuli profondi, dilatando spazi psicologici costrittivi in ritmi di liberazione energetica, almeno parziale, dalle ansie del vivere, dai pericoli di chiusura del campo di respiro degli impulsi creativi e di spegnimento di quelli cromatici. Mario Lanzione coltiva una memoria tutta poetica, che coniuga spazi interni a spazi cosmici, attraverso tagli di luce affioranti da stratificazioni progressive e per velature di affascinante modulazione cromatica fino all'esperienza abbagliante. Antonio Manfredi, infine, riscatta con Barisani la volontà costruttiva al di là di ogni mediazione sentimentale e sviluppa una visionarietà che esplora spazi immateriali e di energia pura, come campi del possibile rigenerarsi di idee, utopie, emozioni espanse in cui sia davvero possibile ricomporre e armonizzare il dissidio tra viaggio reale e navigazione virtuale, tra luogo psichico e spazio cosmico.

 
TESTO DI MARCO MENEGUZZO SUL CATALOGO DELLA MOSTRA

UN MODELLO AUSTERO

Non è facile, anzi è quasi impossibile trovare un gruppo di artisti che si presenta come tale, pur appartenendo a generazioni diverse, e addirittura facendo di questa diversità generazionale la propria bandiera, la propria prima dichiarazione di poetica e di appartenenza: spesso, al contrario, è il critico che tenta di ricostruire genealogie, filiazioni, parentele, la maggior parte delle volte accettate dagli artisti più per convenienza che per convinzione, e destinate a essere sconvolte di lì a poco, magari già dalla mostra successiva. invece, questo gruppetto napoletano appare convinto del proprio sodalizio - ancora a qualche anno dalle prime uscite - e, soprattutto, appare convincente e un po' sorprendente in questa sua attiva coesione. È di questo che vogliamo parlare, della possibilità di un tessuto connettivo culturale che, in fondo, non è costituito né dall'affinità formale, né dallo spirito del luogo, né - ma questo è già nello "scandalo" dell'autodefinizione - dall'anagrafe. Qualcuno ora potrebbe ricordare il loro essere campani, o una certa "aria di famiglia" nelle opere che realizzano (peraltro molto rarefatta ... ) e talora un rapporto diretto maestro/allievo, come nel caso di Spinosa e Lanzione, ma l'impressione è che se la coesione si limitasse alla presenza e all'identificazione di questi dati di fatto, che pure sono veritieri, tutto si risolverebbe in un rapporto strumentale, superficiale, certo anche amicale, ma non solido, non "necessario", mentre "Gener-azioni" si mostra unito al di là di queste coincidenze, e oltre una scelta strategica di penetrazione nel mondo dell'arte. Dunque, che cosa tiene uniti - che è ben diverso dal dire "che cosa unisce" ... - Barisani, De Tora, Di Ruggiero, Lanzione, Manfredi e Spinosa? Credo che la prima risposta sia nell'etimo della parola "tra-dizione"; "far traghettare", "passare dall'uno all'altro" non tanto il sapere, quanto l'esperienza, che non è l'esperienza dell'esito formale, della realizzazione artistica - fosse così, si tratterebbe semplicemente di un cattivo caso di didattica dell'arte -, ma l'atteggiamento da tenere nei confronti del linguaggio espressivo che ci si è scelti. Per questo, non c'è contraddizione se si afferma che ciascuno di questi artisti sente l'esigenza di "ricominciare da zero" l'analisi del proprio fare arte, senza poter evitare neppure uno stadio, neppure un passo nell'avvicinamento alla sintesi, all'essenza dei segni, dei colori e dei rapporti da costruire sulla superficie. Di fatto, si tratta di una scelta più etica che estetica, così come avrebbe potuto predicare Mondrian, e davvero in questo gruppo napoletano si riconosce anche un po' di quella severità nordica che nessuno attribuisce al Sud, ma che invece è così presente, così aristocraticamente elitaria ma connaturata a un "luogo" dove la vita e le contingenze del presente sembrano tanto forti da cancellare ogni altra possibilità (a questo proposito, mi vengono in mente le esperienze optical e cinetiche, così algide e fuori dal tempo storico, nate in Brasile e in Argentina ... ): fare arte, dunque, diventa in questo caso più un percorso interiore, un viaggio iniziatico, che non una pratica linguistica determinata in prima istanza dal linguaggio, dalla storia dell'arte, dal rapporto tra l'esistente, il già fatto e il nuovo, spesso ridotto a semplice novità. In questo senso, esiste tra questi artisti una "tradizione" e al contempo un "ricominciare", che non sono più termini antitetici. Ciò che si trasmette è un esempio, non un linguaggio, mentre ciò che si ricomincia è il proprio viaggio individuale, le cui tappe sono scandite dalle opere. In questa "azione" - come parte della "gener-azione" -, perde d'importanza ciò che per altri artisti appare invece come il fine dell'opera, vale a dire la novità linguistica, lo stupore procurato, la narrazione piena di colpi di scena: per gli artisti di "Gener-azioni" è più importante l'obbedienza a un proprio modo di essere nei confronti dell'arte, quell'atteggiamento nei riguardi della disciplina che assomiglia tanto a una metafora della vita austera, per non dire "perfetta". Non è un'azione semplice, certamente la si paga in termini di riconoscibilità, di successo, forse anche di realizzazione vera e propria di opere, ma se ne viene ripagati, probabilmente, con una serenità interiore, con una sensazione intima di forza e, perché no, di sicurezza invidiabili. Così, questo sodalizio napoletano potrà anche essere nato da una certa affinità degli esiti pittorici - la scelta dell'astrazione in primis, anche se tra i sei artisti le varianti sono notevoli - o da rapporti apparente- mente dettati da casi fortuiti e fortunati, ma se resiste e si consolida - come mi auguro - è perché a monte di queste scelte espressive c'è una scelta comune di vita, che ha stabilito alcune priorità fondamentali, la prima delle quali è la realizzazione di se stessi attraverso il lavoro, e non viceversa. In questa decisione (o sarebbe meglio dire sentimento?) c'è molto di una vocazione "eroica" che storicamente si è trovata spesso in chi ha praticato la via dell'astrazione, ma anche se oggi tutto ciò non appare e non è più una novità, rimane comunque un modello di vita, di pensiero e di azione per cui quei pochi che vi si riconoscono stringono legami molto difficili da sciogliere.

 
 
cartoncino di invito
 
 
 
 
RISORSE AGGIUNTIVE
sintesi del catalogo della mostra / SCARICA IL PDF
 
appendice
STRALCIO DALL'ARTICOLO DI SABINO MANGANELLI SULLA RIVISTA ''CHIAROSCURO'' DEL GENN/MARZO 2001 DEDICATO AL ''GRUPPO GENER-AZIONI''

Il ''Gruppo Gener-azioni'' – per una memoria storica campana

I pulsivi fermenti dell' arte, e della sua caleidoscopica e coinvolgente fenomenologia, sono e si presentano mutevoli e seducentemente cangianti e meravigliosi nel tempo lasciando ampio e libero spazio alla creatività, all' espressione, alla ricerca, sia individuale che collettiva quanto di gruppo. Ed essi possono durare nel tempo, fedeli ad una linea artistica e storica come per I 'Informale, l' Astrattismo, l'Espressionismo, che hanno lasciato una rimarchevole orma che ancor oggi viene
ricordata e rialitata, o nascere e morire in pochi anni di entusiasmo e fervore creativo ed espressivo come alcuni delle ultime generazioni. Come si osserva stupefatti nel cielo il notturno, magico spettacolo delle stelle che brillano e poi si frantumano nel nulla, e nel cosmo dei satelliti che ruotano, come figli, perennemente attorno ai pianeti, similmente avviene anche nel sistema dell'arte ove l'avvicendarsi degli eventi è costellato da tanti brillii e luminescenze che il bagliore di un nugolo di lucciole è poca cosa al confronto. Ed è da affermare, in argomento che, oggi come oggi, l'arte è decisamente scombicchierata, drogata, ammaliata, mercificata e, si oserebbe dire, asessuata; un'arte "transessuale" che non possiede più, come una volta, una sua ben precisa identità, che si mira e rimira in un emblematico "specchio di Narciso" per compiacersi di vanità, di vizi, pretenziosi presenzialismi ed avide, incontrollate concupiscenze, e allettanti e permissivi intrighi, e ben rare si contano e si notano quelle "ecceità" che faticosamente emergono o riescono ad emergere dalla contemporanea, scura palude di un emblematico, novello Stige danteseo mantenendo la loro incontaminata verginità e professionalità come, ad esempio, il gruppo "Immanentista" ed il gruppo "Gener-azioni" di cui peculiarmente si parla nel presente contesto discorsivo. La maturità e la saggezza si acquistano con l'esperienza e con la frequentazione della vita e soltanto così si può giungere a creare e/o a dire qualcosa che resterà imperituro e storicizzato nel tempo come ce l'ha offerto, ad esempio, il "Gruppo degli Otto", da cui è emersa la forte personalità di Emilio Vedova, ed il gruppo del "Realismo Esistenziale", E tal dicansi, a voler ben dire, per il coerente e maturo gruppo campano "Gener-azioni" composto da sei artisti che abbracciano diverse fasce di età, d'espe- rienza e di umori espressivi, ma che si mostrano univoci nelle affinità elettive d'espressione e di ricerca, quali essi sono Renato Barisani, pietra miliare dell'avanguardia artistica napoletana, insieme a Domenico Spinosa, Carmine Di Ruggiero, Gianni De Tora, Mario Lanzione ed il giovane Antonio Manfredi. Di questa aggregazione artistica l' etimo del termine "Gener-azioni" dà adito, indubbiamente, a diverse ed interessanti interpretazioni e suscitazioni sintattiche e linguistiche che variamente interessano, comunque sia, la loro comunione ed affinità d'interessi e di ricerca sul piano espressivo e di lavoro, sebbene ognuno mantenga le proprie idee soggettive di interiore poeticità artistica. A ben dire, c'è un filo sensibile e sottile, un serpeggiante ma stimolante "feeling" che lega il loro lavoro. Difatti, ciascuno di loro, all' interno del vivo tessuto creativo ed operativo che li lega, "genera" manufatti, opere d'arte, a ben dir si voglia vere opere d'arte all'insegna di sani valori estetici, semantici e semiotici; interiori suscitazioni la cui diversa armonia di segni, in modo particolare, e di forme, luci e colori s'incontra ed osmoticamente si completa in diverse ma univoche "azioni" che si estrinsecano, soggettivamente e liberamente, all'insegna della matrice originaria che li lega, loro fonte primigenia di ricerca e di espressione, ovvero la poetica artistica astratto-informale e le sue diverse tendenze ed evoluzioni come l'informale materico e l'astrattismo geometrico. E, quindi, questo ben affiatato ed interessante gruppo campano, che stà mostrando, per "generazioni" (d'età e annue fasi artistiche di ricerca e d'espressione), in diverse esposizioni in territorio campano, come anche all' Arte Fiera di Bari e di Bologna, la sua forza e maturità espressi- va e professionale, "genera" (il loro atto estrinsecativo d'espressione artistica) "azioni" (i loro lavori, le loro opere d'arte); e tale metonimico gioco di parole è suggestivamente emozionante ed eccitan- te in seno ad una animosità e produttività "in progress" così come si riscontra nel loro lavoro. E, pertanto, uno degli elementi aggregativi è giusto una scala di "generazioni" che si snoda da Spinosa a Barisani, ai più giovani Di Ruggiero, De Tora, Lanzione a Manfredi, non solo per quel che riguarda l'età, ma anche per quel che riguarda la diversa operatività qual quella di ieri, come in Barisani e Spinosa, che è ancora viva ed attuale oggi, qual quella di mezzo in De Tora e Di Ruggiero, e qual quella di oggi in Lanzione e Manfredi. E, contestualmente parlando, si nota in essi come l'operatività e l'espressività di ieri di Barisani si presenta oggi parimenti tanto innovativa quanto quella di Manfredi; così come sorge una certa affinità di geometrismi fra De Tora e Lanzio- ne e fra Barisani e Manfredi a livello d'uso di materiali diversi e combinati e di sculture-installazioni; e fra Spinosa e Di Ruggiero a livello di corposità e pastosità di stesure pigmentali, segniche e formali; di euritmie del segno e del colore fra Di Ruggiero, Lanzione e De Tora, per citare alcune affinità. Rimandi, affinità ed omologie che giocano osmoticamente su rituali, freddi orditi compositivi ed espressivi, ove il colore si può dire che sia un codice complementare rispetto alla preponderanza inequivocabile del segno, ad eccezione di Spinosa ove il colore si avverte caldo, vivo e coinvolgente. Ma è bene immergersi nel vivo del contesto discorsivo volendo conoscere più a fondo la personalità e l'interiore espressività di questi artisti e del loro interessante operato [......] Cupe, razionali e fredde elementarità segniche, formali e cromati che si rilevano nelle essenziali composizioni di Gianni De Tora. Una sintassi espressiva, ermetica e riduttiva della fenomenologia dei segni, dello spazio e della complementarietà delle avare cromie che, nella loro monocromia delle stesure, scandiscono i piani di strutturazione e composizione geometrica degli orditi, studiati e meditati con rigore, nella loro rituale scansione geometrica in un'interessante alternanza ottica di campiture lucide ed opache, di emergenze e regressioni, come un quadro dentro un quadro, o più quadri in uno, che attorniano il ritmico scandire, per lo più centrale, in aree quadrate o rettangolari, di quel brusio di cromatici, criptici segni segmentali che, come in un'emblematica danza crittografica, caratterizzano il peculiare idioma dell' artista [.....]È da dire, per un rilevante inciso storico al presente contesto discorsivo, che il connubio di questi sei artisti campani è sostanzialmente un' ennesima filiazione o germinazione, su basi contemporanee, di altri gruppi di ricerca e di espressione artistica che si sono avvicendati a Napoli dagli anni '50 agli anni '70 quali il gruppo "Arte concreta" (1954, di cui fecero parte Renato Barisani, Renato De Fusco, Guido Tatafiore e Antonio Venditti), derivazione del MAC fondato nel 1948, e il gruppo "Geometria e Ricerca" (1976, di cui fecero parte Barisani, De Tora, Di Ruggiero, G. Tatafiore, Testa, Trapani e Riccini) che è stato ampiamente trattato da Luigi Paolo Finizio nel libro "L'Immaginario geometrico". Gruppi di ricerca e di espressione, come quello attuale di "Gener-azioni", che si sono mossi su basi e referenti metodologici ed espressivi storico-artistici del- I 'Informale (come Afro, Emilio Vedova, Renato Birolli, Antonio Corpora, Toti Scialoja, Ennio Morlotti, Giuseppe Ferrari) e dell' Astrattismo (come Mario Radice, Eugenio Carmi, Luigi Veronesi, Manlio Rho, Carla Badiali) e loro derivazioni nel tempo quali l'informale materico, l'informale naturalistico, l'astratto concreto, l'astrattismo geometrico. È da notare, in argomento, come alcuni protagonisti napoletani dei gruppi di ricerca di ieri siano presenti anche oggi in "Gener-azioni", quali Barisani, Di Ruggiero, De Tora, e come tale ricerca prosegua, sebbene siano mutati i tempi ed i modi, con rigore, coscienza e professionalità emarginando a priori ogni intrusione e/o condizionamento e seduzione del marasma incontrollabile del contemporaneo sistema dell'arte. E questo, indubbiamente, è un dato di fatto encomiabile per loro. Questo gruppo di "Gener-azioni" opera, quindi, su referenti dell' astrazione geometrica (accennando della corrente artistica ad alcuni, moderni protagonisti quali Gualtiero Nativi, Franco Giuli, Nino Di Salvatore, Vinicio Berti, Michele Cossyro), che si nota in De Tora e Manfredi e molto forte in Lanzione; e frammenti d' informale come per Di Ruggiero e Barisani, e per Spinosa su memorie dell 'ultimo informale naturalistico di Morlotti e di De Gregorio, Raspi e Marignoli. La costanza, la forza, la coerenza e la professionalità sono alcuni dei tanti attributi che fanno la storia, che storicizzano atti, fatti e personaggi nel tempo e nella memoria che non cancella ciò che ha contribuito al progresso nell'arte. E tanto alita e vive in questo affiatato ed interessante gruppo campano per il quale non si vorrà che sia solo un conato di momentanee incursioni ma che esso continui nel tempo e progredisca sia nel varcare la sospirata e fatidica "soglia" al di là della quale la memoria resterà imperitura nel tempo.

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